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Rifacendo gli interni

Parliamo ora un po’ degli interni: già quando la macchina era ancora negli USA ci siamo resi conto che, per quanto gli interni fossero in apparenza in buono stato e potessero essere riutilizzato, non erano però quelli originali; probabilmente negli anni erano già stati rifatti (così come il colore della carrozzeria, anche se verde, non era più quello originale) e andavano sostituiti se volevamo riportarla allo splendore originale. Ci siamo informati un po’ in merito perché non sapevamo se fosse facile reperire il materiale originale per ricostruirli. Anche in questo caso è stato molto più facile del previsto perché negli stessi siti dove abbiamo trovato i ricambi per la parte meccanica dell’auto, ci sono le sezioni dedicate anche agli interni; troviamo anche l’imbottitura pretagliata e preformata come l’originale.

Veniamo ora alle caratteristiche degli interni: nelle Thunderbird il rivestimento degli interni era coordinato con il colore della carrozzeria (il tutto è riportato nel VIN della vettura stampigliato su una placca nel vano motore); essendo la nostra Bird sage green gli interni devono essere bianchi e verdi. Rivestimento di cruscotto, moquette del pavimento, poggia braccia laterali e rivestimenti delle portiere (ad esclusione dei pannelli laterali e kick panels che andavano bianchi) dovevano essere verdi. I sedili, invece, in tutte le Tbird sono bicolori, in questo caso sempre verdi e bianchi. Bisogna prestare anche attenzione al fatto che i sedili della Tbird del ’56, rispetto a quelli dell’anno recedente, hanno un emblema in rilievo al centro dello schienale.

Noi abbiamo cominciato preparando la struttura dei sedili per poi essere rivestita in un secondo tempo: non era in cattive condizioni, ma era comunque necessario restaurarla completamente poiché presentava della ruggine superficiale che si intravedeva rimuovendo il cardboard posteriore che, se lasciata lì, col tempo sarebbe potuta diventare un problema.

Il primo passo è stato rimuovere tutto il rivestimento e l’imbottitura vecchia che era abbastanza secca e tendeva a sbriciolarsi: era fissata molto saldamente alla struttura di molle e a dei cavi in metallo rivestiti di rafia che seguiva fedelmente la sagoma centrale del sedile. I cavetti metallici siamo riusciti a recuperarli: la rafia o materiale similare di cui erano rivestiti è stata rimossa perché secca e macchiata dal tempo. I fili sono stati raschiati con carta vetro, lucidati e rivestiti da un nastro adesivo di stoffa, più resistente rispetto al materiale usato in precedenza.

Per quel che riguarda la struttura vera e propria abbiamo separato schienale da seduta: il prima passo assolutamente necessario è stata la sabbiatura per rimuovere ogni residuo di ruggine, collanti e vernice vecchia; se non l’avessimo fatto la ruggine avrebbe potuto espandersi visto che, comunque, l’interno del sedile è un ambiente caldo-umido anche perché il vinile del rivestimento è un materiale non traspirante. Dopo la sabbiatura abbiamo applicato un fondo antiruggine che unificasse la superficie e livellasse eventuali imperfezioni. Anche se l’interno del sedile una volta montato non si vede abbiamo comunque deciso di riverniciare la struttura dello stesso colore originale, uno smalto lucido grigio medio con una punta di marrone.

Una volta terminata la preparazione della struttura abbiamo deciso di affidare il rivestimento ad un professionista: abbiamo valutato la possibilità di provarci da soli, ma non volevamo che il risultato finale fosse approssimativo. Così abbiamo portato tutto il materiale compresi gli schemi originali di montaggio ad un ragazzo che fa questo di mestiere e dopo un paio di settimane ecco il risultato!

Per quel che riguarda le portiere il montaggio dei rivestimenti è più semplice perché il vinile viene incollato direttamente sulla lamiera, mentre i pannelli imbottiti sono pre-costruiti e solo da montare; l’unica parte da “ricostruire” è stato il poggia braccia perché deve essere comunque imbottito.

Per quel che riguarda il cruscotto anche in questo caso il vinile è arrivato pretagliato. La difficoltà stava nel fatto che il cruscotto del ’56 non ha alcuna imbottitura, quindi il vinile andava incollato alla lamiera facendo attenzione a stendere la colla uniformemente per non creare grumi che si sarebbero poi visti e prestare attenzione alla formazione di bolle d’aria.

Il restauro della strumentazione del cruscotto lo trovate in questo post!

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